La Storia
Fontemaggio è il nome di una fonte la cui acqua proviene da una sorgente naturale distante circa 200 metri dalla casa madre.
Tutti coloro che vanno all’Eremo, o che comunque arrivano alla fonte, possono beneficiare della frescura e della salubrità che si respira nella piccola aia che la circonda. Furono i nostri nonni, Natale Rambotti, originario di Colle di Nocera Umbra e Maria Oliva Cipolloni, di Capodacqua di Assisi, ad acquistare il casale e il podere circostante nel 1949.
La funzione che aveva allora la proprietà era eminentemente agricola nonché legata alla pastorizia. L’edificio in cui si trova l’attuale hotel era l’abitazione di famiglia, di cui noi nipoti ricordiamo ancora i solai scricchiolanti, gli scrostati muri a sacco, la meravigliosa soffitta piena di oggetti di ogni sorta, la cordicella con cui ci divertivamo a suonare il campanaccio del tetto e la maestosamente sproporzionata iscrizione della parete posta a nord:
Il maestoso giardino all’italiana di casa, che lasciò il posto al ristorante estivo, è fortunatamente ancora riconoscibile nel suo splendore in qualche vecchia fotografia.
Tutti coloro che vanno all’Eremo, o che comunque arrivano alla fonte, possono beneficiare della frescura e della salubrità che si respira nella piccola aia che la circonda. Furono i nostri nonni, Natale Rambotti, originario di Colle di Nocera Umbra e Maria Oliva Cipolloni, di Capodacqua di Assisi, ad acquistare il casale e il podere circostante nel 1949.
La funzione che aveva allora la proprietà era eminentemente agricola nonché legata alla pastorizia. L’edificio in cui si trova l’attuale hotel era l’abitazione di famiglia, di cui noi nipoti ricordiamo ancora i solai scricchiolanti, gli scrostati muri a sacco, la meravigliosa soffitta piena di oggetti di ogni sorta, la cordicella con cui ci divertivamo a suonare il campanaccio del tetto e la maestosamente sproporzionata iscrizione della parete posta a nord:
“L’Italia con S. Francesco ha dato il più santo dei Santi al cristianesimo e all’Umanità”.
Il maestoso giardino all’italiana di casa, che lasciò il posto al ristorante estivo, è fortunatamente ancora riconoscibile nel suo splendore in qualche vecchia fotografia.
Il Campeggio
Se da una parte l’albergo ancora non c’era, il campeggio, il più antico tra i gioielli dell’attività di famiglia, già esisteva da diversi lustri: la licenza originale reca come data il 1959… Fu il risultato della combinazione tra la posizione della proprietà posta lungo la strada per l’Eremo e percorsa da tanti pellegrini e l’intuitività imprenditoriale e premonitrice del nonno, in un tempo in cui, in Umbria, di turismo ancora neanche si parlava.
Ecco, il campeggio per noi è stato il luogo dell’infanzia, dei tanti amici che ogni estate rivedevamo con felicità venire a casa nostra...
(si, dacché quello era ed è per noi il Campeggio).
Il Ristorante
Dal canto suo, il ruolo della nonna non fu di second’ordine: le sua cucina gettò le basi per la nascita del ristorante, che, un po’ per scherzo, un po’ per scommessa, crebbe grazie alla voglia di un gruppo di ragazzi di creare ad Assisi qualcosa di nuovo, di anticonformista: un luogo dove potersi incontrare, divertire, suonare la chitarra o far girare i dischi di Nilla Pizzi. In quel gruppo di ragazzi c’erano i nostri genitori (i fratelli Anna e Franco) e i loro migliori amici. L’amico geometra, Walter Bernardini, disegnò il camino, quello dalla mano creativa, Ezio Mancini, fece il disegno per il menù e tanti altri fecero tante altre cose, che neanche noi ricordiamo o sappiamo…
Erano gli anni ’60, e in breve il ristorante (ricavato proprio dalla stalla delle bestie) divenne un punto di riferimento per gli universitari di Perugia. Nel ’77 il ristorante ottenne l’oscar della cucina italiana, con grande gioia (a giudicare dalle foto) di Anna, Franco, del nonno e di tutte le cuoche. Furono decenni di lavoro matto! I nostri primi ricordi del ristorante sono nebbiosi, probabilmente a causa della spessa coltre di fumo che invadeva il locale a causa del pessimo tiraggio del camino, lasciando un l’indelebile segno sulle pareti annerite. Con il rifacimento del camino, il fumo diradò, e da lì anche i ricordi diventano più chiari: l’arrivo dei gruppi giapponesi, i grandi convegni, il difficile periodo del terremoto del ’97, il Giubileo del 2000, i lavori di ricostruzione post-terremoto e il graduale passaggio di consegne a noi.